La voglia di carne

Negli anni Cinquanta non si viveva nell´agiatezza. La carne si assaggiava non più di una o due volte la settimana. Però a me toccò il privilegio di mangiarne tutti i giorni e più volte al giorno, per un mese intero.

Una volta, mio padre che frequentava le fiere per acquistare e vendere muli, asini, giovenche, riportò a casa una radio. L’aveva comprata a Campodipietra, in cambio di un asino. Ma per accenderla dovevamo aspettare la sera. A quei tempi (1959), solo pochi benestanti godevano della luce elettrica "di giorno". Per averla nelle proprie case, la gran parte della popolazione doveva aspettare che, al tramonto, l’addetto all’illuminazione pubblica azionasse l’interruttore della corrente elettrica "di notte". 

Fu così che una sera mentre la casa era allietata da canzoni napoletane, si sentirono lamenti e urla provenire dalla stalla sottostante. A mio padre, salito sul soppalco per prendere il foraggio per gli animali, era scivolata di mano la forca che, cadendo giù, ferì mortalmente un mulo. I forti lamenti del quadrupede si erano confusi con gli acuti del tenore, ma poi, quando seguirono le irripetibili imprecazioni di mio padre, capimmo che era accaduto qualcosa di grave.

La bestia fu subito finita e squartata; la carne venduta ai vicini, all’insaputa del veterinario (che magari lo seppe e chiuse gli occhi). A me ragazzo non sembrava vero di poter disporre di tanta buona carne, benché scura e un po’ fibrosa. Ma dopo averne mangiato tre volte al giorno, in capo a una settimana mi venne la nausea. E allora, con dubbio altruismo, donai carne di mulo a tutti i compagni di scuola.

(il figlio del fornaio)

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7 commenti su “La voglia di carne

  1. vera.stazioncina il said:

    compagni di scuola “insperatamente” fortunati! se lo ricorderanno pure loro questo episodio…

    un sorriso

    veradafne

    ( un saluto ad abigail…che non so dove trovare…)

  2. PortamiVia il said:

    Sapori di tempi antichi… ma il sapore del mulo sinceramente mi fa rabbrividire e te lo dice una che ha mangiato cinghiale e cacciagione varia (avrò contro tutti i vegetariani!).

    Ciao, carissimo!

    Anna 🙂

  3. Paesanino il said:

    Non capisco, Anna carissima, cosa t’inquieti della carne di mulo. Macelleria equine sono sparse un po’ dovunque sul territorio italiana.

    Comunque, ci tenevo a segnalare, in primis all’autore, che il racconto del “Figlio del fornaio” è stato pubblicato anche nel blog "La città del sole", curato da Caterina Sottile, che vi ha aggiunto una interessante postilla personale.

    Buona domenica a tutti.

  4. benciarl il said:

    Mors tua vita mea o, come direbbe romanesche:

    O fijio der fornaro, papà tuo

    quanno morì quer mulo restò male

    ma dopopoi capì ch’er fatto suo

    era dà da magna carn’alla prole

    e quela ch’era stata na disgrazzia

    se tramutò pe’ tutti in una grazzia.

    Onderaggionperccui se po’ affermà

    er mulo morto nun lo sotterrà!

    Scherzi a parte, erano tempi duri quelli. Un ragazzo di oggi la carne di mulo non la mangerebbe e forse denuncerebbe il padre alla protezione degli animali. Spero però che qualcuno tra loro passi da qui e legga….

  5. anonimo il said:

    Chissà quanta carne di mulo mangiamo oggi,magari muli bulgari o magiari, inseriti igienicamente in scatola e scatolette, senza saperlo… magari diventa pure costoso omogeneizzato per i piccoli , vero benciari ?

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