Precedente A primavera Successivo Grazie, maestro!

20 commenti su “La messa a quel paese

  1. PortamiVia il said:

    Irriverenza punzecchiante di un tempo!

    Penso di aver già letto qualcosa di simile… ma era in un idioma dialettale, se non ricordo male.

    Buona giornata.

    Anna 🙂

  2. bucciadimela il said:

    Anche i preti sentono la primavera, ed è un bene. Ma quella in riva al fiume, era per caso Marinella? 😉

  3. AbigailGilmore il said:

    Paesanino! Ci stiamo sbizzarrendo con i limerick! 🙂 Eppure è la natura umana, ed è per questo che non condivido il celibato dei preti…ma capisco bene che la questione è lunga e non certo risolvibile con un “non sono d’accordo”. Buon lavoro a tutti!!!Abigail

  4. MIKROKOSMOS il said:

    … direi proprio di sì… che l’ha detta proprio per quello… eheheheh… STUPENDA… sono d’accordo con Abigail… anch’io proporrei l’abolizione del celibato per i preti (e del nubilato per le suore, ovviamente)… felice giornata…

  5. figliodifornaio il said:

    Resistere alla tentazione delle grazie femminili, è il più arduo e insopportabile dei divieti ecclesiastici: ma il più alto, nobile e gratificante per la crescita spirituale.

    Personalmente, essendone facile vittima, ne avverto la dolce, opprimente schiavitù.

  6. Paesanino il said:

    Lungi da me l’idea di scandalizzare! Ho condensato nei pochi versi del limerick un episodio tratto come al solito dalla mitologia popolare torese.

    Sarebbe accaduto in illo tempore a un prete di Toro (con tanto di nome e cognome e il “don” di prammatica), che era andato a dir messa in un comune limitrofo.

    Niente vieta di pensare che si possa trattare di una leggenda paesana, e come tale passata di bocca in bocca, di contrada in contrada. Di qui il “già sentito” cui fa riferimento Anna #1.

    Belle cose

  7. anonimo il said:

    Amare le grazie di una bella donna è uno dei pochi piaceri della vita..io personalmente mi perdo nei meandri di questo meraviglioso paradiso…come mi piace!!!…sinceramente non so come facciano i preti..me lo sono sempre chiesto!

    Saluti

    Uomo passionale

  8. PortamiVia il said:

    Ti ho risposto da me e riporto anche qui:

    Ti dirò che si può proporre l’idea ai collaboratori dello Zingarelli in quanto lo stesso definisce in tal modo l’aforisma: “una breve massima che esprime una norma di vita o una sentenza filosofica”.

    Va da sè che se la “massima” è breve ergo diventa “minima”!

    Eccellente soluzione,neologismo attuabile, caro Paesanino.

    Sul libro viene riportato il significato dal greco di “aforisma”: “cosa messa da parte per un’offerta” e “oblazione” che nel corso dei tempi si trasforma in “definizione, detto, sentenza concisa”.

    Un saluto!

    Anna :)))

  9. anonimo il said:

    meglio di così non poteva spenderli, i soldi della bussola, il pretino….

  10. anonimo il said:

    Mi ̬ piaciuto molto il riferimento alla dimenticata bussola, ossia alla sacca di velluto rosso legata a un bastone, che il sagrestano utilizzava per accogliere Рcon discrezione Рle offerte dei devoti.

    Grazie

    GS

  11. giasto04 il said:

    E’ curiosa la capigliatura “elettrica” della figura maschile, simile al Battista, anche se, in questo caso, lo possiamo giustificare il nostro amico..;-)

    (scherzi a parte, le figure sono fuse dai finachi fin giù sott’acqua, in piedi, esattamente perpendicolari alla torre, come se stessero, effettivamente, edificando qualcosa… tavola davvero suggestiva, e anche il testo lirico, per quanto goliardico, filosoficamente attinente, e parecchio!

  12. anonimo il said:

    Versi di sapore boccaccesco, che hanno dato vita a un bellissimo limerick, Paesanino!

    Complimenti.

    Incanto lirico

  13. GentileMa il said:

    Ciao Paesa’.

    Da te si trovano belle poesie, simpatici racconti e, come in questo caso, anche storielle pepate.

    Insomma non ci si annoia, e per questo passo volentieri a leggerti e a salutarti.

    Mario

  14. anonimo il said:

    Don Giacinto, invece di pagare, ricattava Filomena e la costringeva a fare l’amore ” Sotto l’Arco del Ponte di Toro “. Famosa canzone di Aldo Ricciardi. Invenzione o relatà ?

    Saluti

    Peppe Parziale

  15. GiMascia il said:

    Ciao Peppe,

    figurati che pur avendo in più di un’occasione cantato o accompagnato con la chitarra la canzone di Aldo, non avevo mai considerato Don Giacinto prete! Pensavo fosse uno dei tanti signorotti del passato, cui il popolo assegnava il “don” per rispetto.

    Mi piacerebbe rileggere il testo della canzone di Filomena. Ti dispiacerebbe trascriverlo? Sarebbe bello sentire anche l’autore in proposito.

    Un caro saluto

    Giovanni

  16. anonimo il said:

    Caro Giovanni

    noi toresi degli ” Amici del Fiume ” ,io e Fernando, quando cantavamo e suonavamo questa canzone pensavamo ad una scena come quella descritta dal Paesanino e nella nostra immaginazione il ” Don Giacinto ” era un prete di Toro che occasionalmente si recava a Jelsi per dire messa. Siccome la mattina partiva molto presto, incontrò Filomena , ad insolita ora, sotto il ponte di Toro, che a sua volta tornava da un incontro amoroso.

    Ti trascrivo il testo della conzone.

    – Filumena ch’ fai a chest’ora

    sott’ a l’arc de ru ponte de Tuore

    – Don Giacinto ch’ fai a chest’ora

    sott’ a l’arc de ru ponte de Tuore

    – A ddò si jute ch’ sta vesta scarciata

    ch’ chiss’uocchie mammuse e mbriacate

    – Song juta a coglie l’ cerase

    ‘ncoppa a l’ arbere song ‘nghianata

    e la vesta me song scarciata

    – Filumena ma a chi lu vuò dice

    tu si juta a fare l’amore

    sott’ a l’arc de ru ponte de Tuore.

    – Don Giacinto n’dì niente alla gente

    tu fa finta ca nà vist’ nient’

    ca sott’ a l’arc de ru ponte de Tuore

    ogni cerase è nù vasce d’ amore.

    In ogni caso sentirò anche Aldo per conferma.

    Saluti

    Peppe Parziale

  17. GiMascia il said:

    Grazie, Peppe.

    Forse non sai che un quindici, 18 anni addietro, ci recammo con il gruppo della Schola Cantorum, e con padre Ottaviano e padre Giantonino a Bitetto, in Provincia di Bari per un concerto di canzoni di padre Giantonino. Ebbene, all’arrivo del nostro pulman, trovammo un gruppo di giovanotti locali che sapendoci arrivare da Toro ci accolsero con tanto di chitarra al canto di: “Filomena, che fai a chest’ora, / sott’all’arche du ponte de Tuore”.

    Penso che Aldo ne possa restare contento.

    Cari saluti

    Giovanni

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