La festa dei morti

Sogni di ingenuo egualitarismo si affacciavano alla mente il primo novembre. A suggerirli i gesti tranquilli e solenni dei contadini che svuotavano il secchio di grano per le anime del purgatorio. Nel mucchio che si spandeva sul pavimento in penombra del cappellone di San Nicola, c’era la promessa di una impilata di pagnotte fumanti per il mistico banchetto dei morti e dei vivi.

La comunione dei santi! – spiegava don Camillo, intabarrato nel piviale nero che ci terrorizzava, non meno del diesilla diesirae intonato dalle bizzoche.

Insopportabile era soprattutto lo sfolgorio dei lumini sul pavimento delle cappelle gentilizie, sfrigolanti tutto attorno alla grata di ferro nerofumo che chiudeva il sottostante giardinetto, mentre fuori, nel camposanto, sui tumuli della povera gente, un mezzo lumino dalla crespa carta rossa ardeva a malapena, al riparo di quattro mattonacci coperti da un pincio. Il riflesso della fiammella si stampava sulla croce di legno con il nome del defunto, ma almeno per qualche ora la piccola cripta di argilla cotta si faceva beffe del vento e della pioggerella di novembre.

C’erano, infine, i morti dimenticati da Dio e dagli uomini. E a quelli pensavamo noi ragazzi, che rubavamo i lumini di troppo delle cappelle, e li riaccendevamo sui tumuli più desolati, mentre il cuore ci ballava nel petto, e le fiammelle si facevano via via più vivide nelle casette approntate per le anime di quei nostri improvvisati lontani parenti d’elezione.

Con il calar della sera, lo struggimento per la sorte ineguale dei morti diventava soffocante e induceva ad azioni sconsiderate. Da dietro un cumulo di pietrisco, o dietro la fratta di recinzione, lanciavamo ghiaia e urli di civette e allocchi per spaventare i tardivi visitatori del camposanto. Finché Raffaele, il carabiniere, non metteva mano al cinturone ed esclamava a gran voce: – Qui ci vorrebbe un colpo di pistola!

Morti di paura, allora, ci rotolavamo giù fino alle prime case del paese a respirare la salvezza nelle volute di fumo dei camini.

Precedente Toro al tempo dei sogni Successivo Via S. Maria delle Piaghe

10 commenti su “La festa dei morti

  1. vera.stazioncina il said:

    Bel post! e grazie del tuo commento:-)

    Mi piace il titolo : festa dei morti, anch’io la chiamo così e mi piace chiamarla in questo modo!

    Tempo fa mi avevano corretta con l’espressione: comemorazione dei defunti, capisco che sia più elegante, ma preferisco : festa dei morti:-)

    mi pare si allontani il senso della morte e del distacco..siamo lì..per una festa..tutti insieme…morti e vivi;-)

    un sorriso

    veradafne

  2. GentileMa il said:

    Concordo con verdafne: bel post. Paesanino, diciamo che hai descritto momenti che in qualche modo ho vissuto anch’io. Mi pare anche con una certa dose di autocompiacimento.

    Mario

  3. Paesanino il said:

    Doverosi i ringraziamenti a Veradafne e a Mario.

    per il resto, autocompiacimento, leziosità?

    Caro lettore, caro Mario, sono convinto che cambierete idea se provate a leggere il limerick, che avevo originariamente concepito sullo stesso tema. Eccolo:

    Nascosti in una fratta al Camposanto

    ci spassavamo a spaventar la gente

    ma quando Raffaele

    estrasse la pistola

    ci cacammo i calzoni al Camposanto.

    Va da sé, che se l’ho sacrificato al racconto non è perché l’ho giudicato irriverente. E’ perché l’ho giudicato parziale, non esaustivo.

    Cordialmente

  4. anonimo il said:

    cari tanto placer e recibido tus correo y le e comentado a mió padre y esta muy contento yo estoy en Venezuela edo Carabobo en la ciudad de valencia y boy donde avita de que parte sei quiero pedirte un favor no soy muy bueno escribiendo el italiano lo se leer bien y escuchar y pronunciar mira caro mió padre sei di toro campovasso cognome serpone rossodivita y MIA madre teramo paesano cuando sei la festa y donde sei saludo estamos en contacto salute y paesanino molto placer…..

    jose serpone

  5. anonimo il said:

    Come non detto, paesanino. Ritiro quello che ho scritto nel mio precedente messaggio.

    Un lettore

  6. anonimo il said:

    Ogni due novembre, il figlio del fornaio era triste. Di una tristezza rara: tutti portavano un cero al proprio defunto al cimitero. Lui si lamentava di non aver defunti ai quali portare un cero, dire una “requiem aeternam” lasciare sul loculo una lacrima. Niente di tutto ciò. E se tutti erano tristi in tale giorno, lui lo era di piu’ a causa di queste sue gravi carenze. Fu così che l’invidia d’aver pure lui un defunto da pregare lo portò a seppellire il proprio cane al cimitero , issando una croce priva di nome sulla terra. Finalmente la tristezza che quel giorno prende tutti, coinvolse anche il figlio del fornaio, ma la sua era una tristezza mitigata dal piacere di potersi portare anche lui, finalmente, al cimitero. Divenuto più grande, tolse quella croce dal cimitero, ma continuò a pregare per quel suo cane a cui tanto era affezionato.

    il figlio del fornaio

  7. anonimo il said:

    Quando c’era un funerale era uno strazio per quel ragazzo che non sopportava vedere la gente piangere.

    Il figlio del fornaio era severamente ripreso dalla zia allorquando lui non rendeva onore ai parenti del morto. Quella volta la zia si impose. “Corri a dare le condoglianze anche tu” Lui all’inizio non volle andare, poi pentitosi andò, ma in ritardo. Il morto già l’avevano portato al camposanto. I parenti stavano ora riuniti non intorno al morto ma intorno al camino. Il ragazzo entrò precipitoso, guadagnò la stanza dove si vedeva un catafalco e lì rimase in cerca del morto. Invano. I parenti , sbalorditi e attoniti ,seguivano quasi spaventati l’affannosa ricerca cui il ragazzo era intento. Ormai rassegnato, uscì dalla stanza vuota e rivoltosi ai parenti disse, per giustificarsi: “cercavo il morto, non c’è più, l’ avete già portato al camposanto ” ?

    Un vecchio con tante lacrime e il naso completamente bagnato dal pianto rispose : Aspettavamo a te !!!

    il figlio del fornaio

  8. Paesanino il said:

    Giuseppe Parziale mi scrive dall’Albania una bella mail che merita di eesere resa pubblica. Grazie, Peppe.

    “Caro amico,

    sicuramente noi siamo stati amici, ho visitato il tuo sito qualche settimana e tra i tuoi scritti ho ritrovato episodi che mi hanno visto partecipe qualche decennio fa quando eravamo poco più che adolescenti.

    Ad esempio quello accaduto nel cimitero di Toro nella notte tra il primo ed il due novembre di un anno che non ricordo (forse ’72) quando anzichè visitare i defunti ci divertimmo a spaventare i

    visitatori. Eravamo all’esterno del cimitero e parlavamo attraverso una buca aperta nella parete corrispondente alla terza o quarta capella a sinistra entrando dal cancello principale. Ricordo le minacce di Raffaele di sparare qualche colpo di pistola e lo

    spavento che ci prese tutti. Scappammo come lepri in tutte le direzioni sbattendo l’uno contro l’altro.

    Ad avere un alto senso della giustizia e tanta bontà non eravamo in molti e solo in pochi passavamo le notti dei defunti a spostare ceri sulle tombe, togliendone qualcuno a chi ne aveva in eccesso e depositarlo con amore su quelle tombe dimenticate e spoglie, a volte rubavamo anche qualche crisantemo e facevamo la stessa cosa.

    Non voglio sapere chi sei, rimani l’anonimo paesanino ma continua

    il tuo lavoro e a scrivere di Toro e dei toresi.

    Complimenti sinceri da parte mia per te e tutti quelli che come te hanno TORO nel cuore (Giovanni, Vincenzo, ed altri), per tutti voi provo profonda ammirazione e gratitudine.

    Io sono ancora in Albania per lavoro ma sono stanco dopo dodici anni da emigrante e sto maturando la decisione di tornare in Italia. Inutile dirti quanto mi mancano gli amici, la famiglia ed ovviamente Toro.

    Ci sentiremo ancora e continuerò a leggere le tue “canzonipoesie”

    Ancora complimenti

    Ti saluto con affetto

    Giuseppe Parziale

    p.s. mi piacciono anche le tue note nostalgiche per un amore perduto ma

    mai dimenticato.

I commenti sono chiusi.