Il cappello di Camilleri

E dove la trovi una testa per il tuo cappello?

Il cappello di Leonardo e i relativi commenti hanno eccitato la domanda di come un episodio che ha visto protagonista il falegname torese dal nome e dalla capa importanti abbia potuto ripetersi pari pari sull’appennino laziale, con il Pascalon ricordato da Monicaira. Soprattutto, come abbia potuto riproporsi nel negozio di Cirlinciò a Porto Empedocle e dare materia alla penna di Andrea Camilleri.

Già, perché è Camilleri, il padre del commissario Montalbano, ad aver firmato E unn’a trova na testa pi stu cappedru?, ne Il gioco della mosca, (Sellerio, Palermo 1997), una raccolta di microstorie, ciascuna delle quali è all’origine di un modo di dire, di una "frase celebre" facente parte di una vera e propria mitologia familiare e cittadina, risalente agli anni dell’infanzia dell’autore, quando Porto Empedocle si chiamava ancora Molo di Girgenti.

E magari risale ancora più indietro se lo stesso Camilleri ha sentito la necessità di cautelarsi, annotando nella presentazione del volume che non può "in coscienza affermare che le cose qui scritte appartengano esclusivamente alla [sua] fantasia… In quanto quasi tutte gli "vennero raccontate da coloro che sono i veri autori di queste pagine, cioè i membri della [sua] famiglia, paterni e materni".  

Forse allora ha ragione BibliotecadeBabel, che davanti a queste coincidenze ipotizza che "la trasmissione di aneddoti, storie vere, usi e quant’altro segue strade a volte sorprendenti, valicando distanze e azzerando confini". E crede che "esistano alcune figure archetipiche, alcuni topoi, a cui viene associato un modello, uno standard, una icona letteraria. E sappiamo che le fonti orali sono le più facili da far viaggiare, specie in tempi in cui la diffusione della cultura attraverso quelle scritte non è certo appannaggio del popolo… Proprio attraverso alcuni riti tradizionali, che resistono tutt’oggi gesti e storie del tutto simili in luoghi assai distanti tra loro, o sopravvivono retaggi di culture scomparse o oggi a noi estranee. Con formule, parole, rituali uguali. Sì, bastava un viaggio. Queste cose viaggiavano insieme agli uomini".

Sì, è chiaro che "queste cose viaggiavano". E oltrepassavano le mura cittadine, i confini regionali, le frontiere nazionali. Più che limitarsi a tradurre il brano di Camilleri, l’autore del blog spagnolo zen – utrio può avere più o meno inconsciamente fermato sulla carta e pubblicato in rete il topos del cappello e la capa grossa, aleggiante in terra di Spagna (grazie a Bartolomeo Viana della cortese segnalazione).

(Giovanni Mascia)

Nota:
La soluzione Camilleri è stata data da:
– Lavelle #5
– BibliotecaDeBabel #9
– Bucciadimela #10
– LucaVirgili #12
– Bartolomeoviana#26
Mi complimento con tutti loro, precisando che il libro di Nicola Iacobacci sarò inviato a Lavelle, che per primo ha proposto la soluzione. Grazie e saluti a tutti.

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4 commenti su “Il cappello di Camilleri

  1. monicaira il said:

    Una citazione! Troppo onore. Grazie a te per le graditissime occasioni di riflessione e di ripescaggio dei ricordi.

  2. PortamiVia il said:

    … io continuerò a rispondere “Pirandello” ed un giorno vedrò anch’io la gloria del podio!!

    Buonasera, illustrissimi.

    Anna 🙂

  3. Paesanino il said:

    Cara Anna, anche questa può essere una strategia, come quella del soldato che sparava sempre nella stessa direzione e si diceva: prima o poi il nemico passerà da quella parte!

    Ciao

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