Quanne ze jive a lava’ nu Tappjne
ze spannjvene i mbjcce ancoppe i spjne;
pe n’ave’ l’acqua vrétte
sótte n’ze jive a mmétte,
‘a lavannara fjne, nu Tappjne.
AL TAPPINO. Quando si andava a lavare al Tappino / si stendevano i panni sui cespugli di spine; / per evitare l’acqua sporca (e insaponata) / non si andava a mettere sotto (dopo le altre), / la lavandaia furba, al Tappino.
(Incanto lirico)
Il limerick è un doveroso omaggio alle donne di Toro che scendevano al fiume a lavare i panni, per riportarseli puliti in paese con la conca in testa, affrontando la dura erta mozzafiato di un paio di chilometri.
La fotografia è di Alfredo Trombetta, 1909 circa.
Cara Incanto lirico,
grazie di avermi fatto andare con la mente a quei tempi e a quelle donne.
Mia nonna, rimasta vedova, si guadagnava da vivere per sé e per i figli, lavando i panni altrui. Io me la ricordo vecchia, e mai con la “conca” in testa. Ma non mi è difficile immaginarla, stando dietro ai racconti di mia madre. Penso proprio che sia stata una “lavannara fina”, come la tua.
Buona giornata
Mario
” Pe la via de ru sciume
quanta giovinette belle
tutt’ che le cuncarelle
a lu sciume vann’ a lava’ …….”
Cosi’ scriveva Aldo Ricciardi trenta anni fa.
Bei ricordi , da piccoli accompagnavamo le nostre madri ed era una festa.
Ricordo ancora il forte odore del sapone ” Scala secca ” sulla biancheria.
Bella la poesia e altrettanto bella la foto del paesanino.
Saluti
Peppe
Vita di una volta nelle campagne romagnole
AL LAVANDERI D’UNA VOLTA (Le lavandaie di una volta)
di Maria Rocchi Paglierani
Do ligazi ad pan spurch , un caret sgangarè
ecco che a gl’ j ‘azdouri a gl’ j’andeva me “Rè” a lavè.
I pi schelz in tl’ acqua a mol,
un fazulet tla testa par ripares de soul,
do ciarci insen cal doni al fasoiva
e pu la bugheda al standoiva.
Soura che bel prè e’ soul e’ lusoiva,
e i pan j’ era biench cumè la noiva!
E pu, us feva l’oura ad turnè
i pan j’ era sot e e’caret za caghè.
Al lavanderi agl’j’era strachi e un po’ incrichèdi
però l’useva acsè e un gn’era èlt rimedi
Due involti di panni sporchi un carretto sgangherato
ecco le casalinghe (Azdore) andavano al fiume Rè a lavare.
I piedi scalzi a bagno nell’ acqua
un fazzoletto in testa per ripararsi dal sole
due chiacchere insieme quelle donne facevano
e il bucato stendevano.
Sopra un bel prato il sole splendeva
e i panni erano bianchi come la neve !
Poi si faceva l’ ora di ritornare
i panni erano sopra il carretto già pronti
le lavandaie erano stanche e un pò indolenzite ,
però usava fare a quel modo e non c’ era altro rimedio
Grazie, Massimo, per la bella la poesia romagnola. Le lavandaie romagnole però erano un po’ meno sfortunate delle toresi. Loro avevano il carretto per trasportare i panni, le nostre no, dovevano caricarsi le conche sulla testa e riportare i panni in paese, affrontando una salita lunghissima e ripidissima che toglieva il respiro e che chiudeva pesantemente la giornata di lavoro.
Ammirazione e riconoscenza per la loro vita di sacrifici.
Che bello..
Un caro saluto.
Gra
belle le lavandaie del Tappino, paesani’
pel quiz non so che dire, me tapino.
saluti
In pochi versi è condensata mirabilmente l’immagine di una realtà sociale che l’avvento della tecnologia ha relegato in un vago ricordo o nelle foto come quella da te postata.
Un caloroso saluto
Hyero.
Arrivo in ritardo, Paesanino, ma voglio subito ringraziarti per avermi regalato, ancora una volta, uno spazio prezioso nel tuo blog.
Mi piace l’illustrazione che hai scelto per il mio limerick e trovo molto suggestiva la foto di vecchie lavandaie, da te postata.
Sembra di vedere qui le nostre nonne e mamme, che faticosamente, come ci ricordi tu Paesanino, ma anche con serena rassegnazione, si recavano al fiume a lavare i panni.
Certo in quel contesto, poteva valere ben poco l’antico detto che mi viene ora in mente: “I panni sporchi si lavano in famiglia”! Povertà e miseria, si sa, creano promiscuità e rimane ben poco spazio per l’intimità e la riservatezza, regali, questi che solo il benessere è in grado di offrire.
Anch’io ho un bellissimo ricordo di quei giorni: da bambina era per me una gioia grandissima poter trascorrere un’intera giornata al fiume insieme alle lavandaie e vivere appieno il contatto con quella natura, della quale ho subito sempre il forte fascino.
Il sole, il verde e le acque incorniciavano meravigliosamente quelle indimenticabili giornate, soprattutto se in compagnia di qualche amica.
Voglio salutare affettuosamente e ringraziare per i loro apprezzamenti, tutti gli amici che hanno lasciato un commento ai miei versi.
Buona domenica
Incanto lirico